RIFLESSIONI EMERSE

 

Ambiente naturale, paesaggio e tradizione culturale come cardini dell’identità dei luoghi e come elementi di sistema per uno sviluppo sostenibile. La “vocazione” del territorio*.

 

Dott. Franco Correggia

Presidente dell'Associazione Terra, Boschi, Gente e Memorie

 

Dott. Franco Correggia - Presidente dell Associazione "Terra, Boschi, Gente e Memorie"

 

 * Testo già pubblicato suI Quaderni di Muscandia” vol. 2, autunno-inverno 2003, pp. 155-161

 

STATI GENERALI DEL PAESAGGIO ASTIGIANO - ANNO 2008

Riunione tenutasi ad Asti presso  presso la Sala Azzurra della Provincia di Asti il giorno Sabato 15 marzo 2008.

L’intima fusione di suggestioni ambientali ed echi culturali conferisce senz’altro al sistema territoriale considerato una qualità non comune. Nello stesso tempo vi sono chiare evidenze che tale ricchezza ecoculturale si colloca in un contesto attualmente segnato da incertezze e fragilità.

SCENARI

È indubbio che l’angolo di campagna astigiana di cui ci stiamo occupando, giunto all’alba del nuovo millennio, si trova di fronte ad un bivio strategico. La scomparsa rapida e definitiva della società contadina, che fino a ieri informava e modulava questi luoghi dei suoi ritmi, dei suoi ge­sti, dei suoi umori e dei suoi valori, lascia un vuoto profondo e pone oggettivamente questo lembo di terra collinosa (nella sua realtà fisica e nella sua dimensione culturale) in una situazione di estrema vulnerabilità.

La mancata transizione verso un’economia imperniata sull’industria ha fortunatamente evitato finora il precipitare di questa zona nel degrado e nella banalizzazione che caratterizzano le pe­riferie delle aree urbane. Il territorio ha conservato un buono stato di salute ecologica ed il paesaggio ha mantenuto la sua tradizionale fisionomia rurale. L’area registra i prerequisiti fondamentali potenzialmente in grado di prefigurare uno sviluppo fortemente connotato su di un equilibrato mix di agro-terziario e residenzialità.

Oggi questo pugno di colline, nel programmare il proprio futuro, ha a disposizione due strade molto diverse fra loro; la scelta dell’una o dell’altra segnerà indelebilmente il destino di questa terra e condurrà a scenari diametralmente opposti.

Se si insisterà nel conferire all’ambiente, al paesaggio e ai beni culturali un valore presso­chè nullo e si procederà lungo la via di uno "sviluppo" deregolato e caotico, il territorio andrà inelut­tabilmente incontro ai mutamenti che hanno contrassegnato molte delle aree periurbane. Il risul­tato sarà l’omologazione con quelle realtà territoriali disgregate (tendenti ad espandersi in modo canceroso e metastaticamente invasivo) prossime alle aree metropolitane o ai centri industriali, dove in un gene­rale clima di degrado urbanistico, di disordine edilizio, di scadimento ambientale, di stagnazione progettuale, di depressione cul­turale e di perdita di identità, il paesaggio si è trasformato in una squallida e ininterrotta suc­ces­sione di capannoni industriali, insediamenti abitativi disarmonici, unità produttive inquinanti, ce­mentificazioni dissennate, baracche abusive, depositi di rifiuti e aree in abbandono.

Ben diverso sarà lo scenario se proprio nella qualità ambientale, nella bellezza e nella sug­ge­stione del paesaggio, nel patrimonio storico-artistico, nella ricchezza della tradizione cultu­rale, nell’immagine serena e genuina di una salubre campagna naturale, si individueranno le risorse strategi­che e propulsive del territorio ed il suo principale volano di sviluppo economico. In tal caso, anzi­chè sostenere e favorire le attività che consumano territorio, dissipano beni naturali e lavo­rano contro l’ambiente, si dovrà privilegiare e incentivare i processi che valorizzano a lungo termine le risorse endogene del terri­torio, salva­guardano le locali preesistenze naturali e culturali, migliorano la qualità della vita, pongono le basi per per uno sviluppo sostenibile duraturo (utilizzando al meglio anche gli strumenti a rapido turnover delle reti telematiche e delle tecnologie multimediali) e quindi lavorano per l’ambiente.

Un’attenta politica che muova in questa direzione (curandosi di mantenere costantemente antenne sensibili al continuo dialogo tra locale e globale, tra micro e macro) può tradursi nella creazione e nell’espan­sione di una nuova e agile imprenditoria "verde", capace di coniugare tutela dell’ambiente e produ­zione di ricchezza, con interessanti e consistenti ricadute occupazionali. Già oggi si delineano come molto promettenti le esperienze (in alcuni casi nascenti od embrionali, in altri ormai ben consolidate) legate all’agriturismo, all’agricoltura biologica, all’eno­gastronomia tradizionale, all’economia del gusto, al turismo equestre, alle produzioni agroalimentari e artigianali di nicchia connotate sulla qualità, la tipicità, la genuinità e la tracciabilità, alla creazione di agenzie locali specializzate nel turismo rurale, ambientale e culturale (che fondano la loro offerta logistica proprio sul landmark costituito dalla sinergia natura-storia-arte-tradizione contadina).

 

PRIORITÀ

Per riuscire a pilotare lungo tale direttrice lo sviluppo e l’evoluzione socioeconomica del com­plesso territoriale in esame è necessario creare con estrema tempestività alcune condizioni di base. In primo luogo è indispensabile individuare con urgenza procedure certe che consentano di sal­vare e di proteggere efficacemente la rete dei sistemi naturali fondamentali e la trama di emergenze storico-artistiche che attraversano il territorio, mettendo al sicuro da attacchi e ma­nomissioni l’in­sieme di gangli vitali che ecologicamente e culturalmente identificano il si­stema nervoso centrale dell’area. Nella gerarchia di interventi essenziali l’istanza prioritaria è rappresentata dal drastico alleggerimento delle pressioni e degli impatti di origine antropica sul tessuto ecosistemico e sul registro bioculturale dell’area. È cioè necessario salvaguardare e difendere l’hardware del sistema[i]

Ciò in termini pratici significa:

• Porre un argine a quella proliferazione neoplastica di insediamenti abitativi, villette a schiera, strade, capannoni e unità produt­tive che porta al distruttivo dilagare nelle campagne di un’urbanizzazione disordinata e frammentata, con ef­fetti disastrosi sul paesaggio e sull’ambiente.

• Tutelare rigorosamente la fisionomia, la struttura e l’originario impianto planimetrico dei borghi medioevali e dei centri storici, imponendo nelle trasformazioni edilizie il rispetto e la coerenza formale verso le locali tipologie costruttive e abitative, nonché l’uso dei materiali tradizionali (AA.VV., 2000).

• Conservare e valorizzare il patrimonio forestale, in particolare applicando efficaci misure di protezione integrale alle residue fustaie mature di essenze arboree autoctone ed evitando che tagli sconsiderati ed indiscriminati conducano (a causa dell’infiltrazione della robinia e del con­seguente impoverimento floristico) al loro irreversibile degrado. Tali cenosi forestali (frammentari lembi relitti di antichi boschi na­turali) identificano infatti preziosi biotopi che con­servano al loro interno un elevato livello di complessità ecologica e costituiscono per questo territorio impor­tanti serbatoi di biodiversità.

• Censire, sottrarre al saccheggio e tutelare scrupolosamente la costellazione di emergenze naturalistiche (anche punti­formi) di alta valenza ambientale che punteggiano il territorio, quali per esempio zone umide, affioramenti fossiliferi, frammenti relitti di boschi naturali o naturaliformi, fasce bo­scate golenali, aree xerotermiche, erbosi paranaturali, scoscendimenti aridi di tipo calanchivo, biotopi di parti­colare interesse naturalistico, ambienti con elevato grado di diversità biologica ed ecosistemica, corridoi ecologici, varchi paesistico-ambientali di interconnessione, siepi, alberi seco­lari, siti panoramici, angoli conservati della campagna tradizionale. Speciale rilievo riveste l’assun­zione di provvedimenti finalizzati ad impedire l’inquinamento, l’eutrofizzazione, la manomis­sione e il degrado della locale rete di corsi d’acqua, ruscelli e sorgenti (in molti segmenti già gravemente compromessa), che per il territorio costituisce un fluido sistema arterioso di scambio, drenaggio e riciclaggio di vitale importanza ecologica[ii]

• Predisporre incisivi interventi di miglioramento e ripristino ambientale in aree degradate da attività antropiche (impianto di siepi floristicamente diversificate, filari di alberi e fasce boscate frangivento con funzione di ecofiltro, rinaturalizzazione delle sponde dei corsi d’acqua, aumento del livello di ecotonizzazione dell’ambiente rurale con estensione delle aree di margine, riadozione delle rotazioni colturali, potenziamento delle risorse faunistiche autoctone, eradicazione o controllo delle specie esotiche, ricostruzione e risanamento di ecosistemi ed ecomosaici compromessi, bonifica delle discariche abusive, recupero di siti dismessi, etc.).

• Mettere un freno alla crescente devastazione del territorio causata dalla moltiplicazione nelle campagne di cave di terra, sbancamenti di colline, discariche abusive di rifiuti, cementificazioni selvagge, dedali di tralicci e linee elettriche, ripetitori e cavi telefonici[iii], cartelloni pubblicitari, segnaletiche ridondanti, carcasse di automobili dismesse ed altre ferite territoriali. Dalla perniciosa combinazione di tali fattori di pressione derivano conseguenze esiziali per la morfologia e la qualità del paesaggio e possono prodursi impatti e shock in grado di superare la capacità di carico del sistema ambientale complessivo, con compromissione o collasso delle sue caratteristiche di resistenza e resilienza.

• Arrestare la propagazione tumorale dell’asfalto su strade cam­pestri e interpoderali, la quale, oltre ad essere tanto costosa quanto del tutto inutile, causa l’imbruttimento, la sterilizzazione biologica e l’impermeabilizzazione di crescenti quote di suolo fertile e vivente.

• Ripristinare, restaurare, conservare meticolosamente e valorizzare le numerosissime testimonianze storico-artistiche dif­fu­samente distribuite sul territorio, recuperandole dallo stato di degrado e abbandono in cui molte di esse attualmente versano. E contemporaneamente rivitalizzare e riattualizzare (in modo autentico e non corrivo e folclorico) le espressioni profonde della tradizione culturale locale[iv].

• Fermare l’impressionante tendenza verso l’incremento di quel generalizzato inquinamento lu­mi­noso che in modo del tutto insensato e demenziale dilaga ovunque, cancellando ogni suggestione, ogni fascino e ogni identità di questi borghi rurali e del loro contesto naturale circostante. E tutto ciò a causa della ossessiva e pervicace volontà di collocare punti luce anche nei solitari crocevia delle campagne più sperdute, di installare insegne psichedeliche e multicolori anche nel cuore dei centri storici e di illuminare a giorno anche i monumenti più insignificanti e le più romite chiesette campestri.

• Contenere e limitare fortemente l’attività venatoria, anche con l’istituzione nell’area in og­getto di Oasi Faunistiche che al loro interno includano i locali microsistemi territoriali di più alto valore ambientale ed i siti di maggior pregio naturalistico-paesaggistico. Aumentare altresì la vigilanza e il controllo finalizzati alla repressione di attività irresponsabili e criminali fortemente lesive per la fauna selvatica (come la disseminazione nelle campagne di esche avvelenate, il bracconaggio, la pesca di frodo, etc.).

• Reprimere duramente quelle forme individualiste, aggressive e consumistiche di out-door recreation (fuoristrada, motocross, etc.) che producono gravi danni a boschi e sentieri, inquinamento acustico, disturbo della fauna e della quiete; e che collidono frontalmente con la natura, il senso e la bellezza dei luoghi.

• Proibire e sanzionare quei comportamenti rozzi, egoistici e predatori che conducono al continuo gaspillage dei beni naturali, come la raccolta vorace e indiscriminata di funghi, fiori, erbe, frutti, muschi, specie della fauna minore, fossili, etc. Adottare altresì precise politiche di pianificazione territoriale che siano estremamente attente alla conservazione dello status di relativa naturalità dei luoghi e dei paesaggi, in modo da evitare che uno stillicidio di ubiquitari e invadenti segni antropici (panchine, cartelli, piazzole per picnic, transenne, capanni, strutture “di servizio”, arredi vari, etc.) cancellino e dissolvano in una banalità addomesticata l’armonia antica, il senso e il fascino profondo delle campagne in esame (magari trasformando boschi, prati, sentieri e sorgenti in luna park, palestre per gli “sport nella natura” od aree attrezzate per i “giochi nella foresta”).

• Favorire attivamente l’espansione di un’agricoltura ecocompatibile, assicurando incentivi eco­nomici alle forme di coltivazione che impiegano mezzi biologici e agronomici nel con­trollo dei parassiti, promuovendo la conversione dei seminativi a prato, incentivando la riforestazione con specie arboree autoctone, premiando le prati­che colturali che consentono la conservazione di agroecosistemi biocenoticamente diversifi­cati, recuperando le tradizionali modalità di coltivazione a ciclo seminaturale, sostenendo le tecniche agricole che prevedono l’in­terpolazione dei coltivi con aree ecotonali paranaturali, aiutando la ridiffusione di antiche varietà locali di specie coltivate a rischio di estinzione, etc.

• Contrastare contemporaneamente la crescita delle monocolture agroindustriali specializzate, togliendo gli incentivi economici e penalizzando le forme di agricoltura che: 1) fanno largo uso di pesticidi (insetticidi, erbicidi, fungicidi, acaricidi, nematocidi, etc.) e fertilizzanti chimici; 2) privilegiano le colture sarchiate; 3) conducono alla ipersemplificazione, alla desertificazione biologica e alla banalizzazione del paesaggio rurale; 4) causano una progressiva perdita di biodiversità delle campagne; 5) in­quinano e impoveriscono l’ambiente; 6) tendono ad eliminare prati stabili, pascoli, siepi e boschi sostituendoli con colture intensive di regola correlate ad esternalità assai negative sul piano ecologico (crollo della comples­sità florofaunistica, linearizzazione delle catene trofiche e dei si­stemi ci­clici natu­rali, sconvolgimento delle reti alimentari, rottura e derego­lazione dei biomeccanismi integrati di retrocontrollo, col­lasso dell’omeo­stasi ecosistemica, fitofarmaco-dipendenza, vulnerabilità fitosanitaria, etc.).

• Ridurre alcune tipologie di interventi di “manutenzione ordinaria” effettuati in modo ossessivo dalle amministrazioni pubbliche, che coniugano costi elevati, totale inutilità per la collettività ed effetti dirompenti sull’ambiente e sulle qualità percettive del paesaggio. È il caso ad esempio dello sfalcio troppo frequente della vegetazione spontanea lungo i bordi di fossi e strade (comprese le carrarecce ed i sentieri di campagna), condotto in maniera severa e aggressiva con potenti mezzi meccanici, che produce effetti desolanti e deturpanti sul piano estetico ed infligge gravi danni alle biocenosi rurali.

• Abolire quegli incomprensibili interventi straordinari periodicamente voluti ed effettuati da enti pubblici che, a fronte di forti impatti ambientali e paesaggistici, si caratterizzano per l’assoluta assenza di qualsivoglia motivazione logica o giustificazione razionale alla loro realizzazione. Ne sono esempi i lavori continuamente ripetuti di allargamento e ricalibratura dell’alveo di molti rii di campagna, l’apertura di sorprendenti “fasce tagliafuoco” all’interno di boschi igrofili e talora addirittura impaludati (!), l’abbattimento di aree forestali di proprietà pubblica per realizzare magri guadagni, la trasformazione di sentieri boschivi in larghe strade sterrate al fine di realizzare strategiche “vie di fuga” (ma di fuga da cosa?), l’incamiciamento “per ragioni di sicurezza” dei centri storici e dei ricetti medioevali in sempre più poderosi e massicci muraglioni di cemento armato, la costruzione di ampi parcheggi (poi sempre regolarmente vuoti e deserti) nei pressi di piccoli e pittoreschi centri rurali, la collocazione di semafori in corrispondenza di incroci con flussi veicolari ridicoli, e così via.

 

Nel raggiungimento di questi obiettivi prioritari è assolutamente centrale e non vicariabile il ruolo delle Istituzioni, che devono intervenire sia sul piano normativo (con l’applicazione di vincoli stringenti e di incisive misure di tutela ambientale), sia sul piano politico (con l’incen­ti­vazione -anche economica- di attività e comportamenti che vanno nel senso della conserva­zione e della valorizzazione del territorio), sia sul piano educativo (con idonei investimenti in iniziative cultu­rali e programmi formativi).

 

STRATEGIE

Contemporaneamente alla protezione degli elementi, delle matrici e degli assetti ambientali fondamentali del territorio (fulcro e baricentro di ogni serio progetto di valorizzazione), è ne­cessario fornire al sistema il software adeguato. Esiste cioè l’esigenza di innescare ed atti­vare un ampio e capillare ventaglio di iniziative e di processi in grado di far nascere e cre­scere la sensibi­lità e il rispetto per l’ambiente (inteso come costellazione di ecosistemi ad alta biodiversità, come forme tradizionali del paesaggio, come complesso dei ritmi, delle atmo­sfere e dei valori di un territorio, come luogo della storia, della memoria e della cultura lo­cale). L’obiettivo finale è quello di rendere la qualità ambientale, l’espressione della biodiver­sità e l’integrità del paesaggio valori percepibili e condivisi. La consapevolezza diffusa delle valenze ecoculturali del microsistema territoriale deve diventare fattore preminente e condizionante negli orientamenti strategici, nelle dinamiche e nelle concertazioni della governance locale.

In questa operazione è ovviamente cruciale il ruolo della scuola, nei cui programmi e nelle cui attività l’inserimento e l’implementazione dei temi legati al territorio e all’ambiente deve assumere una posizione di rilievo. Di grande importanza inoltre la funzione delle associazioni locali, che possono incidere significati­vamente sulla percezione e sull’uso del territorio attraverso l’attivazione di filiere di progetti innovativi in grado di dare visibilità e concretezza alle istanze della tutela ambientale. In tal senso, nel settore collinare nordasti­giano in esame, le potenzia­lità e le virtualità sono enormi.

La “microeccellenza” ambientale e culturale che caratterizza queste campagne astigiane rap­pre­senta uno straordinario serbatoio di ingenti risorse, potenzialmente capace di assicurare al territo­rio uno sviluppo duraturo ed equilibrato e un futuro all’insegna della sostenibilità e della qualità. Nella catalisi del processo di valorizzazione del territorio e nell’innesco del cir­cuito virtuoso che da esso può irreversibilmente scaturire, il fattore cruciale non può che essere rappresentato dall’efficace azione coordinata e sinergica delle pubbliche amministrazioni, delle scuole, degli operatori dell’infor­mazione, dei soggetti imprenditoriali e delle associazioni di volontariato.

L’esperienza e il percorso dell’associazione “Terra, Boschi, Gente e Memorie”, che della conservazione, della tu­tela e della valorizzazione del paesaggio bioculturale locale ha fatto il suo obiettivo centrale, possono essere valu­tati come esempio paradigmatico delle possibilità che i gruppi spontanei di cittadini organizzati hanno di incidere sull’uso e le destinazioni del territorio.



[i] La necessità e l’urgenza di una strategia complessiva per la tutela del tessuto bioecologico e culturale dell’area appare tanto più evidente nella fase attuale, dove il territorio in oggetto (che ha miracolosamente conservato sino ad oggi un invidiabile livello di qualità ambientale) corre seri rischi di andare incontro a veloci quanto devastanti processi di degrado, scadimento, invo­luzione e banalizzazione. Tali rischi sono essenzialmente in relazione alle forti pressioni esercitate da lobbies economiche locali su amministratori e cittadini al fine di installare sul terri­torio impianti ed attività ad elevatissimo impatto ambientale, potenzialmente capaci di cancellare in un sol colpo l’intera gamma di valori paesaggistico-ambientali che distingue la zona in esame.

[ii] Numerose sono le perturbazioni cui è soggetto in maniera costantemente crescente il locale sistema idrografico: le alterazioni della morfologia fluviale dei corsi d’acqua (ampliamento, risagomatura, rettificazione e ricalibratura dell’alveo, modifiche connesse ad opere di difesa e movimentazione spondale, cementificazione degli argini, etc.); l’invadenza delle coltivazioni agricole di frangia; l’eliminazione o la drastica riduzione fisica dei mi­crohabitat laterali; la distruzione della vegetazione riparia e delle fasce tampone alberate e cespugliate; l’utilizzazione delle acque correnti superficiali a fini irrigui; l’eutrofizzazione delle acque; l’inquinamento chimico e biologico causato dagli scarichi fognari e produttivi non adeguatamente depurati, dallo spandimento di liquami zootecnici, dall’impiego di fertilizzanti e presidi fitosanitari, etc. Tali fattori di destabilizzazione si traducono progressivamente in un drastico impoverimento dell’idrofauna (e quindi nel crollo della biodiversità pertinente agli ecosistemi lotici), nella concentrazione di contaminanti e sostanze tossiche, nella caduta delle capacità di autodepurazione, nell’incremento della deossigenazione, nel riscaldamento delle acque, nella perdita del deflusso minimo vitale, nel depauperamento delle falde idriche sotterranee, nell’accentuazione dei fenomeni erosivi, nello stravolgimento delle funzioni di regolazione del microclima locale. Il risultato finale è rappresentato da un grave decadimento della qualità delle acque superficiali, dall’ipersemplificazione delle biocenosi che le abitano e, in definitiva, dall’irreversibile degrado degli ecosistemi acquatici (Cortese, 2000b).

[iii] Con riferimento all’incontrollata e spesso irrazionale proliferazione di elettrodotti, reti ad alta tensione e stazioni radiobase per la telefonia mobile, accanto all’impatto visuale e allo screzio paesaggistico, non vanno sottovalutati i potenziali danni biologici causati dai campi elettromagnetici da essi generati (elettrosmog).

[iv] Evitando anche attentamente di sperperare risorse e ingenti somme di denaro pubblico nel sostegno a improvvisati, fumosi, verbosi, aleatori - e spesso bizzarri e strampalati - progetti di “promozione” e piani di “valorizzazione” del territorio che immancabilmente coniugano costi stellari per la collettività, lauti compensi per i proponenti, totale incapacità di innescare qualsivoglia processo di reale tutela dell’area e assoluta assenza di efficacia per quanto concerne la conservazione ambientale

 

Asti, Sede della Provincia di Asti, 15 marzo 2008