Un concorso per il Viadotto di Valletanaro

Arch. Guido Bonino

 Veduta della Chiesa di Santa Maria degli Angeli e del retrostante imponente viadotto ferroviario.

Veduta della Chiesa di Santa Maria degli Angeli e del retrostante imponente viadotto ferroviario.

     Domenica 04 giugno scorso, in Località Valletanaro del Comune di Castagnole Lanze, lungo quella che un cartello di adeguate dimensioni segnala al turista in transito quale “Strada dei Vini”, è stato inaugurato il campanile della Chiesa Nostra Signora degli Angeli.
L’evento di per sé non avrebbe assunto particolare significato, non fosse per la posizione della nuova costruzione campanaria: quasi a sfidare in altezza il retrostante viadotto della ferrovia. Oltre ad evidenziare il contrasto tra il mattone a vista con coppi e puntale in rame che ora si elevano dalla sottostante chiesetta, anch’essa in rosso mattone e il cemento armato dei pilastri e travi dell’opera ferroviaria!
     Tutti coloro che hanno percorso quella valle negli ultimi anni, hanno dovuto assorbire l’impatto di un’opera, quale testimonianza di quanto tale realizzazione abbia sacrificato il paesaggio agrario e le costruzioni che lo punteggiavano, a favore di specifiche normative con pendenze e carichi d’esercizio cui doveva corrispondere il transito su rotaia.
     A parziale mascheratura di alcuni tratti del lungo viadotto sono intervenute, nel tempo, le chiome di alcuni pioppeti, che formano, ove possibile, e nella stagione estiva, delle macchie verdi  ad interruzione dell’arido, geometrico  e tecnico grigio delle strutture in  cemento armato.
Alla chiesetta - prima esisteva solo una campana emergente dalla copertura - non è rimasto che dotarsi di un campanile, per non dover soccombere  alla presenza  della struttura viaria retrostante.
      Ma  anche dopo la nuova inaugurazione, il viadotto è sempre là, a fare bella (si fa per dire) mostra di sé.
Dell’impatto ambientale dell’opera, nonché della necessità della sua realizzazione si è già detto, scritto, pubblicato molto. L’impegno che ci si deve assumere ora  è quello di ricercare la possibilità di migliorare, o perlomeno mitigare l’impatto di quella struttura in quel contesto.
     Poi ché  non è possibile risolvere il problema coltivando esclusivamente pioppi (sia perché defogliano, sia perché tale cultura non sempre si adatta alla morfologia di quel terreno, ed ancora perché l’altezza del viadotto in alcuni punti è ben superiore a tale coltivazione), il tema potrebbe venire trattato con il contributo ai diversi livelli (scuole – paesaggisti – agronomi – esperti del paesaggio ed artisti) con un primo approccio – tentativo di individuare una soluzione per non far  “subire” al territorio un’opera per la funzionalità della quale si è devastata un’intera valle.
      Solitamente si indicono concorsi per creare nuove opere, per riqualificare ambiti urbani, o per urbanizzare nuovi territori, nello specifico si tratterebbe di ricercare, con il contributo di molti, esperti e non, il recupero di un paesaggio, creando un elemento che costituisca non solo un rimedio alla deturpazione  che ha subito - il rialzo del campanile può essere una prima contrapposizione all’opera invasiva - ma un processo di recupero, da tramutarsi in esempio-guida a dell’importanza che gli operatori politici, sociali, economici, e tecnici vogliono conferire alla riqualificazione di quel territorio, alla sua storia, ai suoi abitanti, ed a coloro che lo percorrono. Attivando cioè iniziative volte a non tramandare un’immagine che, pur nella funzionalità dell’intervento, rappresenta una barbarie per il paesaggio che la ospita.
     Per queste motivazioni auspico che non solo l’Ente proprietario dell’opera stessa, ma anche coloro che amministrano il territorio (Provincia – Comune -  Comunità Collinare), o vi operano con particolare rilevanza economica e commerciale (Istituti bancari – aziende produttive e turistiche), sotto l’egida e la guida dell’Ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti Conservatori e dell’Osservatorio per il Paesaggio per  il Monferrato e l’Astigiano, promuovano in sinergia tra di loro e quale primo passo uno o più concorsi, ai vari livelli, al fine di poter esaminare non solo proposte di semplice intervento, ma di riqualificazione dell’intera vallata, dimostrando così che l’uomo con la sua tecnica per necessità può togliere, ma sa anche restituire  la dignità ad un territorio.

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